La richiesta è precisa e determinata: il Servizio sanitario nazionale deve cambiare rotta, a fronte di un’Italia che registra un crollo della natalità in 10 anni del -26%, conta 3 milioni di over65, 4 milioni di non autosufficienti e 24 milioni di occupati su 59 milioni di residenti. È l’immagine di una coperta troppo corta -tra risorse limitate e bisogni crescenti- quella proposta dal 26esimo rapporto Oasi (Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano), pubblicato dal Cergas Sda Bocconi, che affronta il tema delle sfide che la Sanità pubblica deve saper affrontare per continuare a essere “equo, solidale e universale”.
Innanzitutto, ci sono i miti da sfatare e il Rapporto Oasi ne individua 3: non bastano l’aumento del finanziamento, i programmi di razionamento delle risorse e l’azzeramento delle liste d’attesa a salvare il Ssn. La sostenibilità del sistema, infatti, passa da un percorso di profonda riallocazione delle risorse e dall’identificazione delle priorità di intervento.
Quindi, primo passo da fare è individuare le “priorità vere”, per conseguire vera efficienza e sostenibilità. Ed ecco subito indicate le 5 “sfide governabili” su cui il Ssn può intervenire subito: ribilanciamento del personale; aggiornamento delle tariffe per i privati accreditati; procurement più forte e qualificato; digitalizzazione completa e prossimità ibrida tra medici e pazienti; rilancio del ruolo e della mobilità tra Regioni dei direttori generali delle aziende.
“Il Ssn deve abbandonare le narrazioni rassicuranti e assumere il coraggio delle scelte” precisa Francesco Longo, responsabile scientifico del rapporto Oasi. “Definire chi viene prima, con quali servizi e con quale intensità assistenziale non significa ridurre l’universalismo, ma proteggerlo. È l’unica strada per generare valore, ridurre le disuguaglianze e progettare un Ssn capace di affrontare le sfide dei prossimi decenni”.
In particolare, quattro sono i segnali che dimostrano le attuali difficoltà del servizio pubblico:
- Le prescrizioni superano la capacità del sistema di erogare: soltanto il 60% delle prescrizioni si traduce in una prestazione Ssn, mentre il resto è erogato in regime privato
- Aumenta la non autosufficienza: a fronte di 4 milioni di anziani non autosufficienti, solo l’8% accede a una Rsa e l’Adi copre soltanto il 31% delle persone fragili.
- Persistono ampie disuguaglianze territoriali: sono troppo profonde le distanze tra le Regioni, con un divario socioeducativo che il Ssn da solo non può colmare.
- L’utilizzo dei servizi sanitari cambia persino all’interno delle stesse Regioni: e questo nonostante una distribuzione delle risorse finanziarie sostanzialmente equa.
A fronte di queste difficoltà, ecco le sfide “governabili” che -secondo il Rapporto Oasi- i responsabili del Ssn dovrebbero saper affrontare:
- Lavorare per attrarre infermieri: va anche favorita una minor frammentazione professionale (troppe le 22 professioni sanitarie riconosciute, un numero che aumenta le rigidità organizzative).
- Aggiornare le tariffe per i privati accreditati: le prestazioni che devono essere garantite dal Ssn devono essere remunerate adeguatamente.
- Procurement più forte e qualificato: considerato che farmaci, dispositivi e servizi acquistati dall’esterno pesano ormai per il 32% della spesa sanitaria.
- Digitalizzazione dei Medici di medicina generale: considerati gli sviluppi della telemedicina e della refertazione digitale
- Prossimità multicanale: con 9.000 ambulatori e 2.400 Case della Comunità aumenta il rischio di frammentazione.
Il rapporto Oasi conclude individuando nell’assenza di priorità esplicite di politica sanitaria il grande spezio di autonomia offerto ai manager del Ssn, al quale corrisponde anche una grande responsabilità. La capacità manageriale diventa quindi decisiva, per tradurre la mission del Ssn in scelte operative concrete.
